venerdì 10 dicembre 2010

Slow Show

Ti guardo. Tu mi guardi. Mille bicchieri ovattano la nostra scena e fan dondolare impercettibilmente i nostri corpi. Le mie mani improvvise afferrano il tuo giubbotto sotto al collo. Sono parecchio più alto di te. Non hai paura e continui a fissarmi. Un esplosione dentro di me e ti sto sollevando. Anche i miei piedi si sollevano. E' una caduta verticale al contrario. Aspirati dal cielo smettiamo di sentire i nostri corpi. Ci infiliamo nella nostra ubriachezza come sprofondando, come conficcaati in un mare maledetto che sa di pace e di guerra, di sesso e di sentimento, di coraggio e di paura. Continuiamo a salire. Continuo ad essere parecchio più alto di te ma ti trascino sempre meno, mi serve sempre meno forza. Eppure non lo mollo il tuo giubbotto, che travolto stride sotto le mie mani. Alziamo lo sguardo poco prima di infrangere un soffitto che non fa male. Guardiamo al di fuori di noi per l'ultima volta, un istante prima di divorarci gli occhi a vicenda. L'esplosione iniziale evolve, sublima, si posa sul cuore e diventa implosione. Un fascio di luce e siamo di nuovo di fronte. Le mie mani ora sono in tasca dove sono sempre state, il mio corpo è leggermente curvo su di te. Da qui in poi non esiste più presente ma solo futuro, e non esistono più occhi per guardare.

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