domenica 22 maggio 2011

Orientandomi

"Guardi, glielo speigo senza termini tecnici, questa volta non è una lesione normale, il tendine si è purtroppo consumato e ha ceduto. Mi dispiace doverglielo dire, ma la sua caviglia purtroppo non tornerà più quella di prima. Riuscirà a correre normalmente, ma dovremo farle delle terapie, e purtroppo non potrà più praticare attivita sportiva agonistica."
Era un caldo 2 Maggio padovano e, all'età di 29 anni, Manuel stava scoprendo di dover chiudere per sempre col calcio, quel calcio che oltre ad avergli fino a quel momento dato da mangiare, gli aveva da sempre riempito un enorme buco che sentiva di avere dentro. Un sospiro avvolse tutta la sua vita in quell'istante. Sentì che c'era qualcosa di strano dentro di lui. Invece della disperazione che si sarebbe aspettato di provare, fu pervaso da un forte senso di sollievo. Un po' come la moglie dell'alcoolista violento, che non sa lasciarlo ma ne augura la morte, così Manuel accolse la notizia che il calcio usciva per sempre dalla sua vita. Solitamente si impiega molto più tempo a trasformare i cambiamenti forzati in nuove opportunità, ma forse tanto era stata la vita che il suo amato calcio gli aveva condizionato, che lui stesso era finito per sparire dietro ad una passione travolgente e diventare vittima di sè stesso.
"La ringrazio dottore, arrivederci."
Il tempo di uscire dall'ambulatorio e respirare l'aria come se vivesse da quel giorno per la prima volta. Una lacrima lavò quel nuovo viso e un sorriso finì l'opera connettendo il viso al cuore.
"E ora?" Pensava, senza riuscire a levarsi quel sorriso dal viso. Pensò ai soldi che aveva da parte, e che avrebbero potuto garantirgli una piccola pausa prima di entrare a tutti gli effetti nella ditta di famiglia. Non era tipo da vender salumi lui, non lo era mai stato, ma senza il calcio questo futuro gli sembrava ormai inevitabile e una laurea in filosofia sapeva benissimo quanto poco valesse in ambito lavorativo. Non c'è tempo però di pensare al domani quando ci si deve ricostruire il presente e così Manuel giunse alla conclusione che fosse arrivato finalmente il momento del viaggio che aveva sempre sognato. L'Oriente. Il tempo di arrivare a casa ed era già su internet a cercare il biglietto aereo. Preso. Partenza il 5 Maggio, ritorno non programmato. Era il momento di fare la valigia. In quel periodo della sua vita Manuel viveva con alcuni amici, due ragazzi e una ragazza con cui aveva condiviso il percorso universitario e che si trovavano ancora a Padova per fare corsi specialistici. Decise di non dire nulla a nessuno del viaggio, ma di lasciare un biglietto. I primi due giorni furon dedicati alla preparazione dei documenti appositi, allo studio di Istambul su internet e al saluto ai posti della sua padova in cui, più o meno volontariamente, aveva lasciato pezzi di sè stesso. Il giorno 5 il volo era previsto per le ore 20 e Manuel aveva deciso di dedicare le sue ultime ore prima di partire per l'aeroporto di Venezia ai suoi coinquilini. La casa era vuota perchè tutti erano usciti per andare a lezione o a lavoro. Entrò nella camera di Francesco. Francesco era un ragazzo toscano, che viveva a Padova da ormai 7 anni, ma che ancora non aveva non solo perso l'accento originario, ma anche quello sguardo un po' da spaesato di chi è in contatto con il luogo in cui vive, ma non ne è in simbiosi. Manuel decise che, da ognuna di quelle 3 stanze, avrebbe preso qualcosa da portare con sè che rappresentasse il proprietario della stanza. Con Francesco Manuel era sempre andato molto d'accordo, ma non era mai riuscito a sopportare la musica che il toscano ascoltava. La camera di Francesco era infatti piena all'inverosimile di cd regge. Decise che però per quel viaggio forse valeva la pena dare una possibilità anche alla musica di Francesco. In fondo si trattava di costruire il nuovo "sè" e quale miglior proposito che farlo mettendo in discussione i propri gusti musicali e provando nuove musiche? Prese a caso un cd di Bob Marley e lo infilò nello zaino, rigorosamente invicta con cui aveva deciso di partire. Per tutti gli anni della scuola i genitori gli avevano comprato zaini di sottomarche e lui non era mai riuscito a sopportarlo. Quello zaino fu il primo acquisto agli albori della sua nuova vita universitaria e Manuel era convinto gli avesse sempre portato fortuna. Lasciata la camera di Francesco si diresse verso la camera di Anna ma all'ultimo sterzò e decise di lasciarla per ultima. La stanza di Marco era un disastro, disordine ovunque e igiene trascuratissima. Ma questo era Marco, un ragazzo con un meraviglioso caos creativo, che spandeva in ogni cosa che facesse. Manuel adorava il piccolo Marco e lo sentiva come un fratello più piccolo da difendere e coccolare. Una volta lo aveva pefino accompagnato in una specie di viaggio di sopravvivenza in mezzo ad un bosco dalle sue parti vicino Biella. Di quel viaggio Manuel ricordava tante cose divertenti, ma più di ogni altra ricordava come si erano divertiti ad aprire i pesci appena pescati utilizzando il coltellino svizzero color blu che avevano comprato prima di partire. In realtà avevano comprato due coltellini prima della partenza, ma ovviamente Marco perse il suo probabilmente ancora prima di scendere dall'auto. Decise che il coltellino sarebbe stato un ricordo potenzialmente anche utile e lo mise nello zaino. Restò molto in camera di Marco a guardare le vecchie foto e a pensare a quanto gli sarebbe mancato, ma restò molto lì dentro anche per allontanare il più in fretta possibile il momento di entrare nella camera di Anna. Anna era una ragazza di Modena, arrivata a Padova con la voglia di cambiare il mondo. Dal primo giorno in quella casa aveva instaurato con Manuel un rapporto molto diretto, molto aperto. C'era sintonia e forse anche parecchia stima reciproca. Erano animali simili, eternamente schiavi delle proprie lune e opere incompiute della propria discontinuità. Vederli insieme era bello, parlavano di tutto ma stavano anche tanto in silenzio, riuscendo a passare ore insieme senza dirsi una parola, ma ritrovandosi continuamente ad osservare lo stesso oggetto. Lo stesso fiore, termosifone, tostapane... Lui non sapeva definire il fascino che lei esercitasse su di lui, e a tratti si era convinto perfino di essere condannato ad amarla. Per fortuna a tratti si era ritrovato anche ad odiarla, e questo forse lo aveva salvato o rovinato, ma di sicuro gli aveva permesso di trovare una dimensione accettabile, di galleggiare su quel fascino e poterne godere senza intaccarlo. "Chissà se in oriente troverò pezzi di lei" pensò, e passarono parecchi minuti prima che decidesse che oggetto sottrarle. Alla fine opto per il suo fazzoletto, quello che era solito annodarsi al collo prima di salire in bicicletta. Era pieno del suo profumo e Manuel pensò che di una persona così non si potesse che rubarne qualcosa attraverso i sensi. Non lo mise dentro allo zaino, ma decise di legarlo sullo zaino in modo da vederselo sempre con la coda dell'occhio alle spalle. Chiuse dietro di sè quell'ultima porta, e andò in soggiorno. Aveva comprato 100 pastine di diverso assortimento e le aveva messe sul tavolo perchè voleva che il ricordo della sua partenza fosse legato indissolubilmente al ricordo di qualcosa di dolce. Solo anni dopo gli raccontarono che, per quell'idea, rischiò di vedere il suo ricordo invece per sempre collegato ad un'indigestione... Tutto erà pronto per partire, prese carta e penna e scrisse.

"Cari amici io vado via per un po'. Sto partendo per Istanbul, e da lì comincerà il viaggio in oriente che ho sempre sognato. Non so se e quando tornerò, ma ho lasciato 3 spritz pagati al nostro solito bar perchè brindiate alla mia salute. Siete dentro di me e vi prometto che troverò il modo di farvi avere mie notizie. Vi voglio bene. "

Alle 21 Manuel piangeva a dirotto vedendo dall'aereo una stella cadente, alle 24 le luci di Istambul, sedute a guardarlo arrivare, gli davano il benvenuto.

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